As cantatas virtuosas de Vivaldi - Textos Cantados
Par che tardo
Par che tardo oltre il costume
Oggi scenda al mar d'Atlante
Il bel Dio che col suo lume
E la terra e il ciel rischiara.
Ed intanto il core amante
Cui l'occaso appresta un bene
Trova il duol nella sua spene
E a soffrir godendo impara.
Par che tardo oltre il costume...
Quando tu d'Anfitrite
In grembo giacerai, celeste Auriga,
Io della bella Clori
In grembo goderò felice amante.
Di tante pene e tante
Per lei sofferte avrò dolce ristoro
De' miei sospir, del duol, del lungo pianto.
Deh a dar pace al mio core
Affretta, o sol, affretta il corso alquanto.
Allor che in cielo
Notte il suo velo
Distenderà,
In braccio a Clori
De' miei dolori
Ristoro avrò.
De' scorsi affanni
Amori i danni
Compenserà
E la mia fede
Dolce mercede
Ritroverò.
Il povero mio cor
Il povero mio cor
Lontan dal caro ben piange e si lagna,
E il faretrato Amor
Con sue lusinghe ognor vie più m'affanna.
Il povero mio cor...
Amor, crudele amor, perché tradirmi?
Perché dal sol ch'adoro
Frami sperar ch'un giorno
Rivedere potrò l'amato oggetto,
Dal crudele timor di lontananza
Questo povero core afflitto e lasso?
Perché con tue lusinghe ognor schernirmi?
Amor, crudele amor, perché tradirmi?
Sempre invano il Dio d'Amore
M'allettò co' vezzi il core,
Ma col vanto d'un bel pianto
Ad amar poi lo sforzò.
Troppo ponno quelle stille
Nel cader da due pupille
Né piatade a una beltade
In quel duol negarsi può.
Sempre invano il Dio d'Amore...
Del suo natio rigore
Del suo natio rigore
Armato questo cor io non tema
Di leggiadra beltade il dolce invito:
Sprezzai mai sempre Amore,
Ai prieghi sordo e quasi cieco al raggio
D'un volto lusinghier. Ma quando, oh Dio,
Pianger Lidia vidd'io
E da' suoi mesti lumi
Versar dolente umore, in quel momento
Si svegliò la pietade, Amor mi vinse,
Mancò il rigor ch'avea nel sen ricetto
E di quel pianto l'onda
Di fuoco accese un mar dentro il mio petto.
Quei begli occhi io pianger viddi
E d'amore tutt' acceso,
Tutto acceso allora il core
Nel suo ardor sentii languir.
Ed è ver che s'ei più pena,
Più gli piace, più gli piace,
L'amorosa ardente face
Onde nasce il suo martir.
Quei begli occhi io pianger viddi...
Ah, che d'Amore
Il cieco Nume alato trionfar vuole
D'ogni più fiero cor crudo ed ingrato;
E se di quei bei lumi al doppio sole
Ressister seppi io ceder ben dovea
Quando adombrato il viddi
Dal fosco ecclissi di quel mesto pianto,
Pianto che su quegl'occhi allor ch'apparve,
Dell'amore di Lidia
Testimonio non finto,
Quale amoroso incanto
Di Lidia volle amante
Questo mio cor già debellato e vinto.
Disperato, confuso, agitato
Trovar pace non può questo cor,
Mentre lungi dal bene adorato
Mi dà morte l'acerbo mio cor.
Disperato, confuso, agitato...
T'intendo sì cor mio
T'intendo sì mio cor
Con tanto sospirar
Forse ti vuoi lagnar ch'amante sei.
Ah taci il tuo dolor,
Ah soffri il tuo martir
Tacilo e non tradir gl'affetti miei.
T'inteno sì mio cor...
Aure soavi e grate,
Garruli ruscelletti, ameni colli,
Voi placidi serbate
D'un rispettos'amante il nobil foco.
E se giammai per poco
A Fille dir la pena mia volete
Il nome di chi l'ama almen tacete.
Placido zeffiretto
S'incontri il caro oggetto
Dille che sei sospiro
Ma non le dir di chi.
Limpido ruscelletto
Se mai t'incontri lei
Dille che pianto sei
Ma non le dir ciglio
Crescer ti fè così.